Al padiglione si accede tramite un ascensore lungo e stretto, di quelli che possono ospitare anche una barella. E’ ridotto maluccio, sporco come solo gli ascensori dell’ospedale sanno essere. Sulla targhetta di servizio c’è scritto
SBORRATA Massima 480 Kg
ottenuta grazie ad un pennarello nero, aggiungendo una S all’inizio, un emiciclo nella parte inferiore della prima lettera P e un ritocco della prima T in R (il trattino a sinistra non è stato cancellato, ma sembra, almeno ad una prima occhiata, una R), della parola PORTATA. Il piano è il secondo, raggiunto sferragliando e guardando per terra per non incrociare altre facce sconvolte che abitano quello spazio per i 30 secondi necessari all’ascesa. La befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte. Le porte si aprono e sento L’addetto delle pulizie del cesso dell’ospedale, camice sgualcito e scarpe fasciate dal polipropilene celeste, quello che ti danno nelle piscine quando hai scordato i ciabattoni e vuoi camminare a bordo vasca, che canta in maniera stonata, forse per scacciare la noia di quella corvèe, o forse per allontanare la tristezza dell’atto di pulire un cesso del reparto di oncologia dell’ospedale.
Ciao, sono io -la voce rotta, tremante – ieri hanno sedato la mamma, è meglio che vieni qua. E’ precipitata da quando l’hai vista tu domenica. Fai presto, c’è poco tempo.
Sono le 14. Pistoia – Venezia, 3 ore, poi il ferry boat, poi il battello. E’ il 5 gennaio, la befana verrà la notte, con le scarpe tutte rotte. Corridoio, stanza 8, appena girato l’angolo, due stanze più sotto. La dottoressa esce dalla stanza con due infermiere.
Mi dispiace, 5 minuti fa.
La befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte.